Secondo uno studio condotto da I-AER su un campione di 914 PMI, nel 2023 titolari e amministratori d’azienda puntano tutto sulla gestione dell’incertezza con focus su ricavi, marginalità e forza lavoro. Assolutamente in secondo piano gli investimenti in tecnologie innovative come l’intelligenza artificiale.
“Per le aziende italiane, infatti, il 2023 è l’anno della cautela”. Ad affermarlo è Fabio Papa, docente di economia e fondatore di I-AER, Institute of Applied Economic Research – centro di ricerca specializzato nel monitoraggio del sistema imprenditoriale italiano.
Dallo studio condotto in collaborazione con Aida Partners PR, i risultati inerenti le nuove tecnologie, quali l’intelligenza artificiale, sono al quanto sorprendenti.
“I dati a nostra disposizione mostrano un sistema imprenditoriale fortemente preoccupato. Il quarto trimestre 2022 si è chiuso con un sostanziale rallentamento delle performance per oltre il 73% del campione analizzato. Di conseguenza, ciò ha defocalizzato l’attenzione di molti titolari d’impresa dal tema degli investimenti, per riposizionarsi sui fondamentali della gestione aziendale”.
I dati forniti da I-AER vanno ancora più in profondità e si concentrano sulle priorità strategiche che le piccole e medie aziende italiane vedono per il 2023. “A tal proposito – afferma Papa – le tre aree di assoluto rilievo che emergono dal nostro studio riguardano l’attività di sviluppo commerciale, (ritenuta fortemente necessaria da 9 intervistati su 10), il presidio dei margini di guadagno (importante per 8 intervistati su 10) e, non da ultimo, una revisione delle politiche di ricerca e selezione del personale (fondamentale per 6 intervistati su 10)”.
Il fatto che gli investimenti in nuove tecnologie non rappresenti una priorità estrema per le aziende non sorprende. “Se si guarda alla composizione del nostro sistema imprenditoriale – dichiara Papa, si noterà immediatamente che oltre tre quarti delle aziende opera in settori definiti “maturi”, dove l’approccio low-tech è preponderante. Se a ciò si aggiungono tutte le criticità che imprenditori e manager hanno dovuto affrontare nell’ultimo triennio, dal covid alle tensioni geopolitiche passando per inflazione e crisi energetiche, si intuisce agevolmente che in un contesto di incertezza generalizzata non si possa che convergere verso i principi di base del funzionamento di ogni impresa, vale a dire: tenuta del fatturato, margini di guadagno e gestione del personale”.
Un dato piuttosto sorprendente che emerge dallo studio è il seguente: per quanto tra le priorità aziendali non vi sia l’investimento in nuove tecnologie, I-AER rileva che 7 imprenditori su 10 sperimentano un alto livello di resistenza da parte del personale soprattutto quando si tratta il tema dell’intelligenza artificiale applicato alle organizzazioni.
I ricercatori di I-AER non sembrano stupiti rispetto ai dati emersi dallo studio: “chi vive da vicino le piccole e medie imprese sa benissimo che la maggior parte della forza lavoro tende ad essere avversa al cambiamento, soprattutto quando questo viene percepito come una vera e propria minaccia per la continuità del proprio lavoro. In questo senso, l’intelligenza artificiale rappresenta un vero e proprio caso di scuola. Come se non bastasse, il bassissimo livello di comunicazione presente all’interno delle aziende italiane, in unione ad uno scarso coordinamento tra i vari reparti, non fa che aumentare la disinformazione relativa alle politiche aziendali, anche sul fronte delle strategie di investimento che si intende perseguire. Da qui nasce gran parte della cosiddetta resistenza al cambiamento”.
Come ovviare quindi ad una situazione di totale disallineamento tra imprese e lavoratori che emerge in modo così forte dallo studio effettuato da I-AER?
“Una possibile risposta – continua Papa – proviene da una visione più orientata all’importanza dell’essere umano, anche nel fare impresa. Infatti, qualora i titolari d’azienda volessero introdurre nuove tecnologie nella propria operatività, è dapprima necessario sensibilizzare l’organico, con opportuna informazione e formazione sui benefici sostanziali che l’innovazione può generare. Non è infatti la tecnologia a fare la differenza, bensì la modalità con cui la si introduce all’interno di sistemi complessi quali le organizzazioni. È questo il vero driver da curare al meglio”.
A conferma di ciò, i dati rilasciati da I-AER evidenziano che nonostante il contesto di fortissima incertezza, amplificato da tassi di interesse sempre più elevati e da conflitti che continuano ad agitare la scena internazionale, addirittura 8 imprese su 10 sono disposte ad investire su processi di formazione del personale per innalzare l’attrattività aziendale in un’ottica di fidelizzazione della forza lavoro”.
“Questo dato” – conclude Papa – ci fa capire una volta di più che l’unica modalità per far sviluppare in modo sano un’impresa è la valorizzazione del capitale umano in unione all’immissione di innovazione a servizio delle persone. Solo così potremo realizzare uno sviluppo d’impresa a prova di futuro e anche di intelligenza artificiale”.